Risale al 1559 il primo rigoroso Indice dei libri proibiti, promulgato da papa Paolo IV, che poneva al bando da pubblicazione, vendita, acquisto, conservazione, traduzione, diffusione e lettura non solo testi eretici, di magia, di astrologia, di teologia in volgare, ma i anche opere di letteratura e scienza. Tutto quanto fosse contrario alla fede e alla morale, all’ordine costituito sociale e politico e che sembrasse porre in discussione i fondamenti del rapporto tra potere temporale e potere spirituale. Tutto quanto, quindi, potesse favorire il “pensiero critico”, come ricorda la Lettura del Corriere della Sera del 21 febbraio.
Numerose furono le edizioni, oltre quaranta, alternando tolleranza, come quella emessa nel 1564 sotto il pontificato di Pio IV al termine del Concilio di Trento, a severità, repressione e intransigenza, si veda l’edizione promossa da Pio V.
Nel corso dei secoli tutti gli Indici si succedettero tra conflitti di interesse, contenziosi tra le due Congregazioni per la giurisprudenza della censura, contrabbando di libri, compromessi, espurgazioni, patenti di lettura, autocensura di scrittori e librai ed anche tra eclatanti dimenticanze dovute forse a contingenze storiche: come la latitanza nelle liste di Hitler, Mussolini, Marx, Nietzsche, Einstein, Baudelaire, Lenin, Stalin, Sade, Weber, Freud, Ghoete.
Quest’anno ricorrono due anniversari: i cinque secoli dal rivoluzionario Nuovo Testamento del “folle” Erasmo da Rotterdam che, con il suo Elogio, si guadagnò la presenza nell’elenco, e i 50 anni dalla fine dell’Indice dei libri proibiti. Nell’aprile del 1966 venne, infatti, dichiarata la cessazione del suo valore giuridico di legge ecclesiastica e la sua valenza soltanto di interessante “documento storico” essendo “la parola scritta non più l’unico strumento di diffusione delle idee”. Quasi una lungimirante e profetica affermazione questa, soprattutto se contestualizzata nell’era “sociale”, in cui la tacitabilità dei più è pressoché impossibile (nonostante spesso sarebbe desiderabile un cerotto virtuale (e non) ben assestato).
Comunque, la recente notizia dell’aumento, da parte degli ortodossi iraniani, della taglia (40 milioni di dollari) pendente sullo scrittore indiano Salman Rushdie reo, con i suoi Versi satanici, di blasfemia verso la religione islamica e colpito da fatwa (editto religioso che ne sentenziò la condanna a morte) emessa nel 1989 dall’ayatollah Khomeini, mostra oggi un’aura vagamente “innocua”, nonostante roghi e processi, della “lista proibita” dell’autorità romana.
Tra i tanti autori e titoli dell’ Indice dei libri proibiti:
l’Opera omnia di Martin Lutero, Niccolò Machiavelli, Guglielmo di Occam, Giordano Bruno, Thomas Hobbes, David Hume, Émile Zola, Jean-Paul Sartre, André Gide, Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Alberto Moravia.
Tutti i romanzi d’amore dei Dumas (padre e figlio), Stendhal, George Sand, Honoré Balzac, Gabriele d’Annunzio.
E ancora:
Dante Alighieri, Ludovico Ariosto, Francesco Petrarca, Erasmo da Rotterdam, Giovanni Boccaccio, Galileo Galilei, Baruch Spinoza, Cartesio, Jean-Jacques Rousseau, Blaise Pascal, Voltaire, Montesquieu, John Locke, , Gustave Flaubert, Immanuel Kant, Giacomo Leopardi, Vittorio Alfieri, Giacomo Casanova, Victor Hugo, Ugo Foscolo, Simone de Beauvoir, Bendetto Croce, Curzio Malaparte, Antonio Fogazzaro.