Peter Tarnopol e Nathan Zuckerman
“Ha finito?”, domanda stentoreamente il dottor Spielvogel al paziente che considera il più narcisista tra i giovani artisti della nazione e che da cinque minuti sta singhiozzando tenendosi il viso tra le mani.
Udendole, quelle due parole assurgono d’ufficio a battute memorabili al pari degli incipit letterari tolstojiani. “Tono perfetto, tattica perfetta. Mi voltai verso di lui, di scatto, o la va o la spacca. Sì, sì ho finito”, risponde Peter Tarnopol.