17 Luglio 2016

In the Mood of Wong Kar-wai

Wong Kar-wai
[Shanghai, 17 luglio 1958]

 

WongKarWai

 

Un uomo e una donna.
Archetipi del maschile e del femminile.
Un-incontro-Liu-YichangSilenzi, sguardi, gesti, incedere di cheongsam. I colori saturi, la musica che colma di significati lo spazio e la voce spagnola di Nat King Cole che dilata il tempo  accompagnando i languidi protagonisti in un vagheggiamento estatico, ma al contempo struggente sino quasi a confondersi e a sovrapporsi negli ambienti claustrali di una Hong Kong anni Sessanta.
C’è malinconia, dolenza, c’è un’indecifrabile indefinitezza.
E c’è un desiderio inevaso, perenne.
Un desiderio che non ha alcuna intenzione di “morire nell’esplicitazione“, alimentandosi invece del piacere dello smarrimento stesso.
C’è il mood di Wong Kar-wai. È il cinema di Wong Kar-wai, il maestro della fascinazione alchemica che in “In the Mood for Love“, pellicola del 2000, sublima il tema del tempo della memoria.
“Il passato è qualcosa che può vedere, ma non può toccare. E tutto ciò che vede è sfocato e indistinto“, recita, infatti, l’epigrafe che chiude il film. Un tempo che rende omaggio ai wenyi pian, i melò d’ispirazione letteraria orientali esaltanti l’etica della rinuncia, del sacrificio, la nobiltà sentimentale e la rassegnazione che qui con un sussurro affida il proprio segreto all’eternità.
Il motivo combinatorio riflesso dallo specchio del regista cinese, elemento ricorrente fisico e visivo nella sua filmografia, è figlio di quel gioco di intersezioni tracciate da Un incontro (Einaudi). Intersection, infatti, sarebbe letteralmente la traduzione di Duidao, titolo originale del breve romanzo scritto nel 1972 da Liu Yichang, versione a suo volta del termine filatelico francese tête-bêche indicante una coppia di francobolli, appartenenti alla medesima tiratura, disposti uno a fianco dell’altro, al diritto il primo, il secondo a rovescio. Un altro uomo e un’altra donna ora, estranei tra loro, proiettati in differenti direzioni temporali – lui al passato ricordando, lei al futuro sognando – ma intersecantisi secondo medesime traiettorie guidate dalle leggi dell’urbanistica e da quelle connaturate alla città.
Una neoromantica megalopoli, sempre Hong Kong, in piena fase di occidentalizzazione, che suscita pensieri e suggestioni specularmente rovesciati: lui alimentato dai ricordi, lei dalla speranza di un futuro radioso.
Stesse strade, negozi, mezzi pubblici, stessa dimensione onirica. Senza mai incontrarsi. O quasi.
Da qui si dipana, strutturata in 42 capitoli – 21 per ciascuno – la narrazione, geometrica, ellittica, asettica ma, benché lavori per sottrazione, compiuta, come i silenzi che inondano, appagandolo, l’occhio dello spettatore.

“Era giorno fatto quando Chunyu Bai si risvegliò e tornò alla realtà. Si stiracchiò, si alzò e andò alla finestra per respirare una boccata d’aria fresca. Il sole del mattino aveva scacciato le tenebre. Fuori della finestra c’era un filo per stendere i panni. Un passero arrivò da lontano e si posò sul filo. Dopo un po’, un altro passero arrivò da lontano e si posò sul filo. I due si guardarono. Poi spiccarono il volo insieme, uno diretto a est, uno diretto a ovest.”

 

Movie-In_the_mood_for_love

 

 

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