«Amavo due persone allo stesso tempo. Ero ricco e povero, lucido e pazzo.
C’erano persone, posti e cose che odiavo e temevo.
Mia madre era un’alcolizzata tirannica e mio padre un mostro lunatico.
La mia vita era un uragano, cazzo, e una giornata limpida e luminosa. Io sono l’eroe e il cattivo.
Sono l’uomo che ha provato a salvarvi».
«Nella cella è tornato il silenzio. Ho guardato fuori dalla finestra e ho visto che i fiori del corniolo erano caduti quasi tutti. Le giornate calde dell’estate stavano per finire e faceva ogni mattina più freddo. Volevo veder cadere quest’ultima fioritura. Sentivo uno strano legame. Come se fosse l’ultima cosa bella sulla faccia della terra».
Non cogliere la felicità.
La visuale obbligata ad un albero di Corniolo.
Il tedio e la noia insopportabili.
Una tragedia che sconvolge tutti. La ‘Costante’, quella sensazione a metà fra struggimento continuo e terrore improvviso, «come un pomeriggio di pioggia con il sole che splende o il ronzio misterioso di una strada deserta di notte».
Iggy, Paul, Cloe, Alabama, Joe e il loro (soprav)vivere quasi in perenne stato lisergico.
Il tempo e la sua qualità transitoria: «La bellezza e la tragicità di un fiore di corniolo che cade».
La potenza dei titoli, nonostante gli stravolgimenti di quelli originali da parte delle case editrici in fase di traduzione – in questo caso entrambi sono bellissimi – porta a scoperte che si assestano, dentro, prepotenti come un pugno delicato e lirico.
Con “L’ultima cosa bella sulla faccia della terra” – titolo originale “The Ancient Hours” – Michael Bible compone un romanzo polifonico, struggente e poetico, partendo dal verificarsi di una tragedia che sconvolge Harmony, tranquilla cittadina del Sud degli Stati Uniti.
«Eravamo innocenti. Convinti di essere speciali. Sbronzi tutti i weekend al centro commerciale. Il mondo era nelle nostre mani. Non ci importava del tempo. L’amore era una cosa scontata. La morte aveva paura di noi. Adesso abbiamo il grigio sulla barba. Il cielo è un livido viola. Il centro commerciale è morto. Siamo i vecchi che avevamo giurato di non diventare mai.»