Momenti di trascurabile felicità
di Francesco Piccolo
«La vera felicità costa poco.
Se è cara non è di qualità»
Francois Auguste René De Chateaubriand
«Quando alle sette di sera il sole è ancora alto e ti commuovi, perché ormai hai capito che è arrivata la primavera. Quando si alza la barra del telepass, nel timore che non lo faccia. Quando sfogli le riviste senza fermarti perché non c’è nemmeno un articolo interessante, e poi le metti subito tra le carte da buttare. Quando mia moglie si mette una mia maglietta. Quando l’assolo della chitarra elettrica finisce.
Passare lo stick di citronella su braccia e gambe e sentire l’odore addosso. Il primo film di ritorno dalle vacanze. Il momento in cui finisce il rumore della centrifuga della lavatrice. Il giorno in cui fa abbastanza freddo da dover tirare fuori dall’armadio il primo maglione e infilarlo mentre scarica corrente. Le grandi librerie perché puoi girare, toccare, sfogliare, senza nessuno che ti voglia dare un consiglio. Lo scaffale dei biscotti Bahlsen. Girare la testa di lato, di scatto, quando si balla un ballo latino. La prima e l’ultima pagina di un libro. La certezza che non avrò più sedici anni. Le notti romane. Le notti d’agosto. Le caramelle alla frutta. L’acqua quando hai sete, il letto quando hai sonno. L’odore del pane del primo mattino. Le passeggiate. Gli aperitivi con le mani unte dalle arachidi. Il bis tanto atteso di un concerto. Il profumo del giornale quando lo prendi tra le mani. Le bocche impiastricciate dei bambini quando hanno finito il gelato.»
Sono soltanto alcuni, questi, dei Momenti di trascurabile felicità (Einaudi) individuati da Francesco Piccolo.
A questi attimi, fissati sulla carta nel 2010, insieme con quelli omologhi “infelici” che li seguirono nel 2015, tutti liberamente trasposti sul grande schermo grazie al sodalizio con Daniele Luchetti, sono state date, quest’anno, azione e trama nella omonima pellicola.
Trama inesistente, infatti, nel volume dove un coacervo di brevissimi racconti, flash, aneddoti, lampi sinaptici, tuffi emotivi, catalogati dallo scrittore e sceneggiatore campano, racconta un sentimento oggetto secolare della ricerca filosofica. Per gli antichi greci era l’ eudaimonia, per i latini la felicitas. Per Piccolo è uno stato dell’anima che non consiste nel possedere una vita materialmente ricca e fortunata, né nel soddisfacimento dei piaceri, né nell’inseguire lo scopo di una vita, e neppure in una sorta di virtuosa autorealizzazione, di un positivo compimento di sé o meglio del daimon – il demone buono – che in ognuno dimora.
La felicità di Francesco Piccolo è facile, effimera, semplice, lapalissiana, bizzarra, è subitaneamente mortale, caduca, pertanto apparentemente ‘trascurabile’, celandosi nelle sfumature del quotidiano, delle pieghe dell’esistenza.
Trascende le speculazioni filosofiche e prescinde dai dilemmi ontologici, trovando nella fugacità di attimi, di minuti, di secondi, la ragione stessa del suo essere, preziosità ed unicità.
È una disposizione interiore che placidamente snobba i costumi rivolti al manifesto, all’esoso, all’ostentato, al “condiviso e condivisibile”, e che riconosce una lieve assonanza con le altrettanto lievi ma al contempo ricche gioie del ‘favoloso mondo di Amélie’.
Ironico, malizioso, sardonico, talvolta arrogante, ma anche lirico, lo sguardo dell’autore fissa anche un’istantanea dei tic, delle manie, delle fragilità e dei vizi nei quali l’essere umano, perfettamente imperfetto, si specchia avvalorando l’importanza di quei folgori in virtù della loro presa di coscienza: dal curiosare negli armadietti dei bagni altrui alle fissazioni ‘urbanistiche’, dallo scoprire che un’opera di bene è deducibile all’intavolare discussioni e ragionamenti insensati.
La felicità può essere facile. ‘Facilmente trascurabile’.
…Accorgersi della prima camelia fiorita dopo il letargo invernale; l’attesa che separa la lettura dell’ultimo libro del proprio autore preferito; le luci dell’albero di Natale; il buio in sala che precede la proiezione di un film; un profumo che investe, rimandando proustianamente in un altrove remoto; il vento sul viso in bicicletta; il profumo della salsa Giardiniera; la torta nel forno; due occhi sorridenti; le bollicine della Coca Cola; i solchi delle pagine scritte da una penna prepotente…
La vita è qui ed ora.
«Non sopporto più le persone che mi annoiano anche pochissimo e mi fanno perdere anche un solo secondo di vita», recita, infatti, l’esergo di Goffredo Parise.
«Non piangere perché è finito,
sorridi perché è successo»
Gabriel García Márquez