6 Luglio 2014

Le ragioni del tempo

Il tempo della vita
di Marcos Giralt Torrente
Vincitore Premio Strega Europeo 2014

 

L’ammissione è chiara, acclarata dall’autore sin dalle prime pagine: “Il tempo della vita”, lungi da intenti vendicativi, terapeutici o espiatori, risponde ad una volontà di ordine letterario assecondando la convinzione della “felicità della storia”. Ma è anche altro. “Le ragioni per le quali cominciamo a scrivere un libro non sono necessariamente le stesse per le quali perseveriamo quando siamo a metà, né le stesse che ci spingono a terminarlo”.Copertina_Il-tempo-della-vita
Il tempo della vita (Elliot Editore) dello spagnolo Marcos Giralt Torrente, vincitore del Premio Strega Europeo 2014, edizione speciale del riconoscimento letterario assegnato a Roma dal 1947 e promossa in occasione del semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea, nonché vincitore del Premio Nacional de Literatura in patria, è, infatti, anche un profondo omaggio d’amore al padre scomparso nel 2005, dopo un anno e mezzo di malattia.

In una prosa deliberatamente piana, spoglia di orpelli, ma al contempo intensa e letteraria, fedele all’idea che il padre sempre volle trasmettere di sé, nemica dell’enfasi, della solennità e della compassione, Giralt Torrente in questo impudico e autobiografico memoir narrativo racconta il rapporto conflittuale con la figura paterna: la vita trascorsa accanto ad una presenza intermittente rea di quell’escapismo tipico dell’ambiente artistico (il padre era il pittore Juan Giralt) nel quale le responsabilità familiari rappresentavano un’eccezione. Conscio dell’aleatorietà della memoria e ricorrendo ad un espediente onomastico per cui i ruoli sono i protagonisti – il padre, la madre, l’amica conosciuta in Brasile – analiticamente ricostruisce il vincolo umorale, vittima del reciproco timore, che, tra odio e amore, rancore e silenzio, diffidenza e diserzione, disprezzo e ammirazione, li ha sempre uniti. Una corda tenuta tesa dalla mancanza di fermezza a legarsi, da un lato, e di coraggio a slegarsi, dall’altro.

Ed avendo scoperto che “per rendere credibile la realtà talvolta sia necessario tradirla e ridurla”, la narrazione si fa “in quel tempo” finzionale. Una risonanza rothiana, benché stanti siderali differenze, del crinale tra finzione e realtà.
Un tempo interlocutorio, dubbioso e talvolta confuso, in cui il figlio riconosce la complessità caratteriale del padre, “un labirinto del minotauro femminile”, dall’eccessiva sensibilità celata da una sprezzante ironia e da un paralizzante iperrealismo, che progressivamente si delinea al (tra)scorrere delle pagine, e al cui mondo – altro riconoscimento – la sua vocazione di scrittore appartiene. Confessa il processo permanente al quale l’ha sottoposto per quella sua incostante funzione genitoriale sempre manifestata al riparo di una comoda distanza. Compulsando il tempo – della scrittura e della vita qui coincidenti – il figlio lo trascrive. E quando il suo sguardo, posandosi sul padre, prende coscienza dell’inversione di ruoli (“Da allora, senza rendermene conto, mi trasformo in suo padre. Non mi fermo in periferia, lo accompagno fino al centro stesso del dolore. Io sono suo padre e lui è mio figlio”) quella distanza si accorcia e il tempo della riconciliazione sostituisce quello delle reciproche ritrosie approdando entrambi (padre e figlio) al medesimo desiderio e alla medesima paura. Nuovi timori e consapevolezze sono, ora, scanditi, suggerendo un ecumenico monito tanto ovvio quanto veridico. Procrastinare, permettendo che il tempo li sorprendesse, è l’unica reale ed esulcerante colpa che assilla l’autore.

Una storia a due raccontata a una sola voce è “Il tempo della vita” di Marcos Giralt Torrente. Quella del figlio. Il padre non avrebbe osato, troppo terrorizzato dalle parole, materia prima del figlio scrittore e fatta propria dalla necessità di plasmare con la penna l’assenza, lavorare la memoria, cercare spiegazioni.
Mio padre tace su quasi tutto. Mio padre era timido, introverso e di natura malinconica. Anch’io. Una delle sue molteplici eredità.”

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