La parola contraria
di Erri De Luca
La parola è contraria. Incriminata in quanto tale. Quella ossequiosa e acquiescente non godendo di tale condizione censoria è, infatti, sempre libera e gradita.
Reo di aver espresso un’opinione “dinamica” (“La Tav va sabotata”) anziché una “statica” (“La Tav è stata sabotata”) secondo un singolare e sperimentale processo in corso nelle aule della giustizia italiana, Erri De Luca è inquisito per istigazione a delinquere nell’ambito delle vicende del movimento No Tav.
Ne La parola contraria (Feltrinelli), un pamphlet sulla libertà di espressione, lo scrittore napoletano nella sua prosa ruvida ma al contempo lirica, traditrice della sua vocazione di poeta, asciutta e lucida ma densa ed evocativa, delinea l’inevitabile ruolo di “istigatore” di chi svolge l’attività letteraria: “La letteratura agisce sulle fibre nervose di chi s’imbatte nel fortunoso incontro tra un libro e la propria vita. Sono appuntamenti che non si possono prenotare né raccomandare. A ogni lettore spetta la sorpresa di fronte alla mescola improvvisa tra i suoi giorni e le pagine di un libro.”
È fatto ingovernabile se dalla parola pubblica di uno scrittore seguono azioni, e non per questo la parola è tacitabile e il proferente perseguibile. Ma, figlio del secolo più carcerario, il Novecento, e allievo di quei praticanti la parola, torturati, incarcerati, uccisi, esiliati, questo è il suo posto e qui egli resta, saldo su quei piedi (“tanto elogiati”) capaci anche di fare siepe davanti al cancello di una fabbrica.
Colpevole è, pertanto, Orwell che con il suo Omaggio alla Catalogna – il primo picchetto piantato di una sua tenda accampata fuori da ogni partito o parlamento – arruolò De Luca nelle fila dell’anarchia, mutando indelebilmente il suo baricentro vitale e istigandolo ad una rinnovata giustizia. Alla sbarra, quindi, Pasolini, Rushdie, Ghoete, Testori, Rouget de Lisle …….. ma non certo quegli esponenti politici bercianti pubblicamente la minaccia del ricorso alle armi e all’evasione fiscale di massa per raggiungere i propri obiettivi.
Potere delle influenze e delle istigazioni d’autore.
Da imputato ad accusatore, da istigatore al sabotaggio a sabotato (“sto subendo un abuso di potere dalla pubblica accusa che vuole impedirmi, dunque, sabotare, il mio diritto di manifestazione verbale”), non accettando una riduzione di vocabolario, Erri De Luca rivendica il diritto “semantico” del ricorso all’applicazione figurata del verbo “sabotare”, non essendo il suo impiego ristretto all’accezione di “danneggiamento materiale”, bensì, anche a quella di “ostacolare”.
Rivendica la parola favorevole al diritto di autodifesa della Val di Susa, il diritto di sovranità e di incolumità di un popolo sulla sua terra, impegnata strenuamente nella più intensa e durevole lotta di prevenzione popolare contro una prepotenza e una protervia di Stato legittimante uno stupro di territorio, un disastro ambientale, mentre a quelle mefitiche esalazioni volute da una nociva ed inutile infrastruttura (misteriosamente strategica) serva della logica dei poteri politici ed economici, invoca la parola contraria.
Un’apologia di “reato della parola contraria”, è l’omonimo libello, apologia della libertà di espressione di pensiero, non una discolpa. Non per questo, infatti, Erri De Luca sarà presente in tribunale,” in aula non vado per discolparmi ma a mettermi di traverso alla censura che vuole la parola contraria su di un binario morto (…) se dichiarato colpevole delle mie parole, ripeterò lo stesso reato da criminale incallito e recidivo. Se condannato, mi si neghi tranquillamente il beneficio della sospensione condizionale della pena, che si applica all’ipotesi che il reo non ci ricaschi.”
L’incriminazione sarà, comunque, valsa alle ragioni belligeranti di quegli “invincibili chisciotteschi” valsusini laddove il compito di uno scrittore sia anche di rendere ecumenico il diritto di espressione.
A coloro che volevano la parola morta quando detta, Emily Dickinson replicava: “Io invece dico che in quel giorno comincia a vivere.” Le parole dette vanno tenute e mantenute. Anche dietro il muro prescritto della sentenza “quell’ospite incallito” alla casa della rivoluzione continuerà, infatti, a rendersi colpevole. “Mi consola una frase del Talmud che dice – chiosa De Luca durante la presentazione del suo pamphlet – : Non ti è imposto di completare l’opera, ma non sei libero di sottrarti ad essa.”