25 Novembre 2013

Datemi un appoggio e vi solleverò il mondo

Acqua santissima
di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso

 

GratteriNicaso

La grandezza della Chiesa entro la quale ognuno può trovare una propria collocazione, secondo il don Mariano Arena di Sciascia citato in Acqua Santissima, rimanda ad una concezione lata di fede, una religiosità “di guerra”, surrettiziamente conciliante la parola di Dio con la lupara.
Di Nicola Gratteri, procuratore aggiunto presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, uno dei magistrati più esposti nella lotta alla ‘ndrangheta, e di Antonio Nicaso, tra i massimi esperti mondiali di organizzazioni criminali, Acqua santissima (Mondadori) narra, infatti, le storie di potere, silenzi e assoluzioni che sin dall’Ottocento hanno visto protagonisti Chiesa e ‘ndrangheta spesso in una serrata relazione di connivenza. Attraverso un’aneddotica lucida e puntuale, sostenuta da una doviziosa documentazione gli autori ricordano come, per ottenere consenso sociale e prestigio e per esercitare influenza e controllo sul territorio, la ‘ndrangheta abbia sempre strumentalizzato la religiosità nella sua espressione popolare consolidando così un’apparente normalità e rispettabilità grazie alla legittimazione del rapporto instaurato con una chiesa omertosa, acquiescente e opportunamente indifferente.

Paradigmatico è uno dei pellegrinaggi mariani più importanti, quello al santuario della Madonna di Polsi, sede dal 1894 del raduno annuale della ‘ndrangheta, dove, tra tamburelli, organetti e zampogne, vengono sanciti vincoli, stabilite gerarchie, ratificate cariche e strategie. Anche funerali (“giusto tributo a boss e picciotti ricordati più come filantropi e benefattori che come criminali”), matrimoni e battesimi, celebrati in chiesa da preti compiacenti, ossequiano l’opportunismo, il compromesso e il comparatico. Sedicenti religiosi e devoti, non rimproverandosi nulla, forti di un proprio codice comportamentale vicario di un altrui dovere istituzionale ad agire, possessori di santini, rosari, Bibbie, crocifissi, gli ‘ndranghetisti, i “cristiani con due battesimi”, “garantiscono una partecipazione militante alle confraternite collegate alle parrocchie, un ruolo organizzativo di primo piano nelle cerimonie religiose, ma, soprattutto, generose elargizioni di elemosine e contribuzioni varie destinate al sostentamento del clero e a opere di beneficenza.”
Mafiosi devoti e preti collusi, dunque. Ma non solo.

Copertina_acqua_santissimaAccanto ai preti dell’intrigo, vi sono anche quelli intemerati e consapevoli, i cosiddetti preti “del coraggio e della denuncia”, anche vittime come don Antonio Polimeni e don Giorgio Fallara, don Peppino Puglisi e don Giuseppe Diana. Come don Italo Calabrò, don Fortunato Provozza, monsignor Giovanni Ferro, padre Bartolomeo Sorge e come molti altri contro i quali a partire dagli anni Settanta viene dichiarata guerra, “rei” di impegnarsi nel sottrarre i più giovani alla fascinazione esercitata dalla mafiosità e nel condannare la criminalità organizzata cancro esiziale e soprastruttura parassitaria che rode la compagine sociale, succhia con i taglieggiamenti il frutto di onesto lavoro, dissolve i gangli della vita civile”. “Aundi tagghi, tagghi, scula ‘ndrangheta”, “ovunque tagli, tagli, cola ‘ndrangheta”, recita, infatti, un vecchio adagio eloquente della pervasività del fenomeno.
Per non vanificare l’esperienza pastorale sinora maturata, Acqua santissima sollecita un dialogo, talvolta ancora negato, con la Chiesa, parte di quell’ossimoro spesso condiviso con il suo antitetico sodale.
Una Chiesa claustralmente concentrata, in passato, a combattere i suoi nemici ideologici (il comunismo e il socialismo) e i non osservanti i suoi precetti matrimoniali, anziché i mafiosi, ritenuti “un male sopportabile, uomini d’ordine, difensori di valori tradizionali quali la famiglia, il rispetto, l’onore”, ma che oggi ha finalmente riconosciuto le mafie come “strutture di peccato”, cosciente, tuttavia, delle omissioni anche pregresse.

Con un accorato monito Gratteri e Nicaso invitano a definire il significato di conversione e perdono, imprescindibile, questo, dal danno sociale, negando l’assoluzione senza riconciliazione anche con lo Stato e con la collettività. Auspicato è un ritorno alle origini della Chiesa in cui la fede sia ora quel punto di appoggio invocato da Archimede, grazie al quale egli avrebbe sollevato il mondo, lungi da tutti i poteri forti alle cui lusinghe troppo spesso essa indulge. E a papa Francesco, che sta destrutturando l’architettura dello Stato del Vaticano, trascendendo la profetica lezione di Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, gli autori affidano la speranza. Alla sua catechesi, testimonianza di come la linea più breve tra due punti non sia l’arabesco, come Ennio Flaiano sosteneva, bensì la linea retta, che egli sta coraggiosamente tracciando.

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