5 Luglio 2021

Prospettive familiari_Estate_2

«Rimasta in cucina, si deve fare forza per mettere un posto in meno e decidere quale posto occupare, il suo o quello di sua madre.
Sceglie di conservare il suo.
Ripete a bassa voce: “Pa-pà”, due sillabe che non vogliono attaccarsi in una parola sola.
Sono la formula di una condanna definitiva, appena iniziata a scontare.»
Da “Il torto del soldato”
Erri De Luca

«“E come fai a sapere quando è cotto e quando invece si brucia?”
“Lo sento dal calore della brace quando la stendo per posare la griglia. Dipende dai legni, fanno fuochi diversi. Non c’è una regola e però non mi sbaglio.”
”Sei pure fuochista, chissà da chi hai preso?”
Da te,dovevo dirgli,da te ho preso e lasciato, restando figlio tuo, cranio da cranio, libri, vino e montagne. Scriverlo adesso a vita sua dispersa è tacere più profondamente.»

La paternità lega il genitore al figlio attraverso una corda tesa, da allentare, e fitta di nodi, da sciogliere, per permettere la libertà, la vita.
Sono rapporti che si svolgono come dispute tra i nodi e il loro disfacimento, tra il rimorso, il pentimento, la riconoscenza, la ribellione, l’amore.

Erri De Luca tocca quelle corde, intime, con il suo vocabolario mai banale, ma tagliente, vero, asciutto e dalla profonda e naturale postura lirica.

In A grandezza naturale (Feltrinelli) l’autore napoletano, attraversando il tempo, misura quel “gradino che produce il salto generazionale”, quello spazio tra genitori e figli di cui ritrae storie estreme. A partire dal ritratto liberatorio e risarcitorio che Marc Chagall fece del padre, dallo spazio che si creò tra una figlia e l’anziano genitore che scoprì nazista, e passando – immancabilmente  –  per la propria esperienza di figlio insofferente all’ordinario, De Luca, che conosce quella grandezza soltanto parzialmente non avendo compiuto quel salto generazionale, giunge al rapporto posto a fondamento del Cristianesimo, “il più difficile”, quello tra Abramo e Isacco, e a raccontare poi di colui che, pur non essendolo, agì da padre di 200 bambini. Era il direttore dell’orfanotrofio del ghetto di Varsavia. «Negli abissi del disumano, il semplice umano abbaglia come la raffica di un lampo».

La paternità secondo Erri De Luca

«Nacqui quando ancora non esisteva nome per ciò che ero. Mi chiamarono ninfa, presumendo che sarei stata come mia madre, le zie e le migliaia di cugine. Ultime fra le dee minori, i nostri poteri erano così modesti da garantirci a malapena l’immortalità. Quella parola, ninfa, misurava l’estensione e l’ampiezza del nostro futuro. Nella nostra lingua significa non solo dea, ma sposa.
Mia madre era una di loro, una naiade, guardiana di fiumi e sorgenti. Aveva catturato lo sguardo di mio padre quando lui era in visita al palazzo di Oceano, il padre di lei».

È coraggiosa, indomita, fragile, passionale. È bella per le sue imperfezioni.
È una dea, è una maga. È una donna. La sua migliore amica è una leonessa. Parla ai pesci, coltiva fiori, distilla la pioggia dalle nubi e il sale dalle onde. È un’amante, una madre. Nonostante sia un’immortale, preferisce la compagnia dei mortali (i soli che sembrano capirla) a quella degli dèi. Figlia di Elios, dio del Sole e della ninfa Perseide – due genitori ego riferiti – , a causa della sua indole ribelle e dei suoi “difetti” viene bistrattata dalla famiglia, con la quale nulla condivide, ed esiliata sull’isola di Eea. La sua figura si interseca con Dedalo, col Minotauro, con Scilla, con Giasone, con Atena, con Medea, con Odisseo, con Penelope. È Circe, la maga della mitologia greca riduttivamente notoria perché innamorata di Ulisse e capace di trasformare gli uomini in maiali.

Ma è molto, molto di più.

Medeline Miller con Circe (Sonzogno editore) dona una rilettura inedita, e dalla prosa magnetica e potente, di questo personaggio complesso e carismatico, approfondendo anche psicologia e carattere e guardando ai personaggi maschili da una prospettiva differente, forse senza precedenti.

Vincitore del premio Goodreads Choice Awards 2018 per la categoria Fantasy, Circe è divenuto un ritratto di riferimento simbolo di forza, pugnacia  e indipendenza, nonché un testo didattico adottato nelle scuole.

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