9 Luglio 2021

La penna. Lingua dell’anima_Estate_3

«E tu andasti via. Trovasti il coraggio di assumerti le tue responsabilità. Affittasti una casa dove ti trasferisti. E, invece di guardarti in dietro, volgesti con ostinazione lo sguardo al futuro. Ti prefissasti un difficile obiettivo. E molto più della mia presenza, dei miei incoraggiamenti, sono stati i libri a salvarti. Divenuti il tuo rifugio, furono loro a sostenerti.
Potenza dei libri, invenzione meravigliosa della sottile intelligenza umana.
Segni diversi, associati in suoni, suoni differenti che modellano le parole. Combinazione di parole dalla quale scaturisce l’Idea, il Pensiero, la Storia, la Scienza e la Vita.
Unico strumento di relazione e cultura, mezzo ineguagliabile del donare e del ricevere.
I libri uniscono generazioni con il medesimo incessante lavoro che fa progredire.»

«Ousmane era d’accordo nell’allontanamento della Bianca: “Isolarla nel suo mondo. Lasciarla marcire nello sconforto… Accettare senza reagire i suoi rimproveri… Prepararla alla fuga e ritrovare senza reagire un ruolo degno dei miei desideri, assicurandomi così di poter agire in piena libertà!” Ousmane fischiettava. Gli ultimi scrupoli che avevano attanagliato la sua coscienza ora s’inabissavano come il sole, laggiù, di fronte a lui, in quel vermiglio orizzonte, striato di viola, nel profondo blu del mare».

Curiosa coincidenza è stato incontrare La sposa bianca di Ousmane nel momento in cui il riso rituale cadeva sui novelli sposi davanti al Municipio cittadino.
Due culture a confronto, come quelle che Mariama Bâ racconta nel romanzo postumo nel 1981.

Tante sono le storie, gli autori, le realtà editoriali di un mondo per lo più sommerso e ignorato, disvelato dopo insistenze, in seguito a rifiuti o, nella migliore delle ipotesi, anche al primo incontro, alla prima proposta, e comunque prima che il gesto scortesemente eloquente della mano o del capo o una frase di diniego allontanino il “fastidio”.

Acclamata come la più grande scrittrice dell’Africa nera e voce dell’emancipazione femminile e della lotta per i diritti delle donne in Senegal, Mariama Bâ con La sposa bianca di Ousmane (Premio letterario di Berlino), edito da Giovane Africa Edizioni e tradotto da Antonella Beri, affronta temi tuttora attuali: i matrimoni misti, la poligamia, la condizione della donna con la sua ‘naturale’ necessità di dignità, il ruolo della famiglia entro il ménage matrimoniale, la negritudine, il razzismo bianco e quello nero, la distanza tra i generi, le contraddizioni ostative l’incontro e il dialogo tra i popoli. Tematiche attuali, appunto, come la cronaca insegna.

Ambientata a Dakar alla fine degli anni Sessanta, la storia vede Ousmane, giovane senegalese di umili origini, e Mireille, figlia di un agiato diplomatico francese, incontrarsi, innamorarsi, sposarsi. Mentre lei si converte, lui tradisce i valori occidentali inizialmente abbracciati mostrando un’ipocrisia dal sapore della regressione. La manifestazione del razzismo verso i “Bianchi”, ancorato a rigide ed ataviche tradizioni, pone l’accento sulle difficoltà e sulle contraddizioni a fondamento dell’impossibilità di un incontro e di un dialogo tra i popoli.

Nel raccontare due culture a confronto e due culture allo scontro, le parole di Mariama Bâ fotografano uno spaccato, passato e presente, della civiltà e della cultura Senegalese.

« Aissatou,
ho ricevuto la tua lettera e come risposta apro questo quaderno, quale sostegno al mio smarrimento: la nostra lunga amicizia mi ha insegnato che la confidenza annienta il dolore.
La tua presenza nella mia vita non è affatto una casualità. (…) Se i sogni muoiono con il passare degli anni e delle realtà, io custodisco intatti i ricordi, sale della mia memoria.
Ti invoco e il passato riemerge con il suo corteo di emozioni. Chiudo gli occhi. Un fluire e rifluire di sensazioni. Chiudo gli occhi. Un fluire e rifluire di immagini. (…) Lo stesso percorso ci ha condotte dall’adolescenza alla maturità, dove il passato feconda il presente»
.

Opera prima di Mariama Bâ, Una così lunga lettera – sempre edita da Giovane Africa Edizioni e tradotta da Antonella Beri – è un romanzo epistolare che ha il tocco dolente e profondo di un’amicizia femminile: quella tra Ramatoulaje, da poco vedova, e Aissatou, da poco divorziata. È la prima a dare inizio ad una lunga, toccante ed intima lettera in risposta alla seconda. Il valore dell’amicizia, l’educazione dei figli, l’abbandono e la necessità e il desiderio di emancipazione, di normale e scontata considerazione si uniscono, qui, agli altri temi cari all’autrice espressi sempre attraverso uno stile essenziale e diretto.

«Poi, corrugando la fronte, ribadivo: “Ma noi donne non siamo delle incendiarie, piuttosto delle ispiratrici! Lo siamo in molti campi e, senza conflitti, sappiamo beneficiare della non trascurabile esperienza venuta da fuori e trarre insegnamento da ciò che la storia ci ha concesso. Abbiamo diritto, quanto voi, all’istruzione che può essere incrementata sino al limite delle nostre possibilità intellettuali. Abbiamo diritto ad un lavoro conferito equamente e retribuito legittimamente. Il diritto di voto è un’arma autorevole. Ed ecco che abbiamo così promulgato il Codice di Famiglia, che restituisce, alla più umile delle donne, la dignità troppo spesso beffeggiata”.»

Scomparsa nel 1980, a soli 55 anni, la coraggiosa e combattente voce di Mariama Bâ è tuttora forte e autorevole e nel suo Paese continua ad essere apprezzata anche da una parte del pubblico maschile. Lungi, infatti, dall’essere qualificati “soltanto” come femministi, i suoi scritti sollevano ecumeniche riflessioni ponendo quesiti trasversali, e sono, inoltre, adottati in Senegal come libri di testo scolastici

Cervantes diceva che la penna fosse la lingua dell’anima. Certamente questo così lungo scritto ha parlato attraverso quell’idioma.
La quarta di copertina recita: “Un capolavoro della letteratura africana“.
Cico… Cheikh, grazie.

«La parola ‘felicità’ dovrà pur avere qualche significato, non è così?
Andrò a cercarla.
Peggio per me, se dovrò scriverti di nuovo una lettera così lunga…».
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