«Quando le mutande delle ragazze erano braghe, quando si faceva merenda e ci s’annoiava di una noia che non c’è più, quella dell’isolamento e della pioggia, quando si giocava in strada, e la “naia” era una cosa seria. Quando c’erano i casini, e i padri avevano fatto la prima e la seconda. (…) Quand’ero ragazzo io la rucola non c’era. O magari c’era, ma non dappertutto come adesso. Oggi senza rucola non si riesce a proporre un secondo. Non c’è pietanza che non venga guarnita, anzi “adagiata su un letto di rucola”. Ai miei tempi (modo di dire orrendo e impreciso: i tempi non sono mai stati miei. Li ho condivisi, come tutti, con un numero quasi incalcolabile di teste di cazzo. Forse quei tempi erano più loro che miei. Ma comunque…), allora insomma i “secondi” non si adagiavano. Si mettevano lì, su un piatto. Senza tante liturgie».
Nonostante la voce di Enrico Vaime risalga a quattordici anni fa, possiede lo stesso potere attuale dell’ironia e dell’intelligenza che contraddistinsero il suo approccio alla vita.
Quando la rucola non c’era. La commedia della vita di un italiano del Dopoguerra (Compagnia editoriale Aliberti) è uno sguardo beffardo non solo sull’Italia dagli anni Sessanta in poi, ma anche sulla propria biografia: l’infanzia a Napoli, l’università, la famiglia, l’arrivo in Rai dove fu esaminato da Ungaretti, Montale e Pasolini in occasione dell’ultimo concorso pubblico per accedervi.
Definito uno “dei signori nobili della Tv”, autore, sceneggiatore, scrittore, conduttore, intellettuale, Enrico Vaime inanella pensieri, aneddoti, ricordi, raccontando il mondo dello spettacolo, testimoniando quello del varietà, e narrando un’Italia passata, un’altra Italia – forse migliore, forse da rimpiangere – in cui emerge la sua vita colma anche del calore dell’amicizia come quella con Zavattini, Flaiano, Bianciardi, Marchesi.
Quando la rucola non c’era viene ora riproposto quale saluto ed omaggio dagli amici della prima e unica affezionata Casa editrice che lo diede alle stampe: “Il nostro modo per dirti grazie è riportare in libreria questo tuo “classico” dell’umorismo, che ha fatto scuola già nel titolo. Quando la rucola non c’era è entrato nel parlare comune, per dire che la nostalgia è bella ma anche ingannatrice, che «il meglio è passato» sì, ma dobbiamo rimpiangerlo con leggerezza, misura e senza prenderci troppo sul serio, mai. Con un sorriso dolce-amaro, buono e generoso, com’era il tuo».
«Con questo libro non prometto assolutamente di smettere di pensare, ma almeno di smetterla di comunicare i miei pensieri e le mie opinioni, tranne in eventuali casi di grave emergenza morale.
Anche se non voglio essere un ‘artista impegnato’, ho cercato in questi testi di persuadere i miei lettori della validità dei miei punti di vista, qualche volta sul piano politico, ma più spesso su diversi ‘temi sociali’, qualche volta su temi letterari. Non ci sarà una nuova edizione ampliata di questo libro. Ho cercato di classificare questi ‘interventi’ in ordine cronologico, per quanto ricordassi delle date. L’esistenza almeno apparente del tempo è sempre stata una grande fonte di fastidio per me; ma si è acquisita l’abitudine di vedere le cose in questi termini. Per questa volta, quindi, mi adatto».
O si odia o si ama. Nessuna sfumatura di sentimento verso Michel Houellebecq che con Interventi (in uscita il 29 luglio per La Nave di Teseo) propone una silloge di sue riflessioni presenti in interviste e articoli pubblicati nell’ultimo decennio riguardanti il mondo in cui viviamo, il tempo, il conformismo imperante, le derive dell’individuo e della società, le proprie idiosincrasie, il furore delle passioni che lo hanno sempre animato. Riflessioni divisive, dissacranti, pungenti come la stima nutrita per Trump e Putin, la critica radicale al femminismo o la militanza contro l’eutanasia.
Colui che disse “che il mondo è sofferenza dispiegata” sarà presente a Parma, il 3 agosto, all’Auditorium Paganini (ore 21) con la lettura “Baudelaire e il progresso“.in occasione della serata dedicata a Bernardo Bertolucci.