5 Ottobre 2016

…confini…_Ottobre

 

451F-libri-consigliati-ottobre_2016

 

Secondo il coreografo Hofesh Shechter i barbari “sono sempre come noi”.
Vincitore nel 1980 del Cna Prize, il più prestigioso riconoscimento letterario del Sudafrica, Aspettando i barbari (Einaudi) del premio Nobel per la Letteratura nel 2003 John Maxwell Coetzee allude ad un’indefinita linea di confine, spaziale, temporale, ma soprattutto identitaria.
“Il crimine che è latente in noi, lo dobbiamo infliggere a noi stessi”, scrive.
Barbari non sono soltanto, infatti, le popolazioni eversive dell’Impero. Attraverso il Magistrato senza nome, l’irritante protagonista del romanzo, con la sua indolente fedeltà, ma anche la sua amara apostasia dal regime, forte di un barbaro amore platonico, Coetzee mostra un’allucinante parabola del potere, brutale, corrotto, protervo, barbaro, e dell’aporia della giustizia.

Altra parabola, quella del rapporto tra Arte e Potere, altra linea di frontiera, quella tra viltà e coraggio, è raccontata da Julian Barnes ne Il rumore del tempo (Einaudi). È il tempo del regime di Stalin che dalle pagine della Pravda, il 29 gennaio 1936, marchia la Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmitrij Sostakovic come “Caos anziché musica” accusando il compositore di ossequiare “il gusto morboso del pubblico borghese con una musica inquieta e nevrastenica”. Prende avvio, così, un romanzo biografico che ripercorre le tappe di un duello interiore, di colloqui e di compromessi con il totalitarismo russo,  dove nuovamente si impone l’impossibilità della giustizia e dove – si spera – “l’arte è il sussurro della storia che si ode al di sopra del rumore del tempo”.

Sempre confini. Certamente più netti quelli della montagna, “la terra di transiti”, che ha forgiato lo scultore – scalatore, “il santo dei monti”, un uomo d’altri tempi (“Certe volte credo del 1900 avanti Cristo”), incaricato di restaurare un crocifisso marmoreo a grandezza naturale. Riportare l’opera alle fattezze originarie rimuovendo il panneggio a copertura delle nudità, introdotto dalla Chiesa Tridentina, è la sua delicata missione.
Ma ancora confini sfuocati laddove di artista, di opera e di scultore.
Con La Natura Esposta (Feltrinelli) il grande Erri De Luca attinge nuovamente alla dimensione religiosa – storica, direbbe lui da non credente – riportando un racconto teologico in cui la nudità che “agita le fibre più antiche della compassione”, benché apparentemente lungi dalla devozione per l’immagine sacrale, si palesa come espressione di un sentimento religioso.

 

“Qualcosa mi ha guardato dritta in faccia e io ancora non la vedo”
[Aspettando i barbari]
J.M. Coetzee

 

Avvisi ai Naviganti